5.10.07

ROCK'N'ROLL, PIN-UP, CUCINA MESSICANA E SESSUALITA' AUTOGESTITA -sul Summer Jamboree-






ROCK’N’ROLL, PIN-UP, CUCINA MESSICANA E SESSUALITA’ AUTOGESTITA
Reportage dal Summer Jamboree


Ci sono quelli che, come prendono sonno, sentono già lo sciabordio delle pale del Mulino Bianco ruotare nell’acqua del fiume e si abbandonano a desiderare di essere seduti accanto a quell’icona di donna alla Marta Flavi che ti versa lentamente il latte dove intingere i Pan di Stelle e gli Abbracci sorridendoti plasticamente come nel video Black Hole Sun dei Soundgarden. C’è chi, invece, come prende sonno si risveglia in uno sogno dai colori psichedelici allo schioccare della frusta di Betty Page che da il via ai Ramones per attaccare con il loro Blitzkrieg Bop mentre Tura Satana del film Faster Pussycat! Kill! Kill! marcia a versarti del Martini Rosso senza chiederti se ne vuoi.

Be’ se i tuoi sogni somigliano più a quest’ultimo, è ora che passi anche tu qualche giorno al grande festival Summer Jamboree di Senigallia.

Giunto ormai all’ottava edizione, per una settimana i residenti di Senigallia pare si dissolvano come nella Zona del Crepuscolo (o come in Fracchia contro Dracula, se preferite) mentre l’intera cittadina si trasfigura straordinariamente tornando indietro agli anni 40 e 50. Ma alla grande, mica una pagliacciata per turisti. Da tutta Italia ma anche dalla Germania, dagli Stati Uniti, dalla Spagna, dall’Inghilterra e anche dalla grande madre Russia, Senigallia viene invasa da cadillac e da ogni tipo di vettura vintage perfettamente funzionante dalla quale saltano fuori magnifiche pin-up (magnifiche in quanto pin-up) dalle frengette che ondeggiano sopra labbra di un rosso accesissimo, gonnelle corte bianche a pois rossi, camicette bianche legate con il nodo in vita e poi rockabilly di tutto il globo con il pomp, la classica banana ingellata e imbrillantinata dei rebels anni ‘50, con sotto jeans levi’s stretti (501 o 505) e scarpe Creepers. Abbinati a molto piu moderni tatuaggi coloratissimi di assi di picche, skull’n’bones, fiamme e ancora pin-up (pin-up tatuate su pin-up, una scatola cinese di frangette).

Ma non è uno sfoggio di feticisti, è tutta una città in festa totale. Ogni bar manda in loop cd swing e ogni esercizio aperto cerca di adeguarsi al clima anni ’50. Anche perché "Jamboree" viene dall'unione di jam e boy ovvero "marmellata di ragazzi" e significa, fondamentalmente, “gran bordellone”.

Il festival si articola in diversi luoghi di Senigallia, i concerti sono ovunque dalla mattina alla sera. A pranzo andiamo al Mascalzone, stabilimento sulla riviera dove si alternano band e dj set swing, surf e rockabilly, poi ti fai una passeggiata nei giardini sotto alla Rocca Roveresca, tra stand fuori dal tempo dove tribù di tutto il mondo vendono da Juke box, a quadri, a taglienti lingerie d’epoca a robba country, tra gadgets e abbigliamento nuovo e usato, sempre in stile anni 40 e 50. Poi si va in piazza dove troviamo barbiere e parrucchiera che eseguono tagli in stile rock’n’roll gratuitamente. E poi un po’ più giù ci registriamo per il corso pomeridiano di ballo boogie-woogie gratuito. E dopo aver ballato? Tempo di aperitivo in un altro locale all’aperto con dj set hillybilly e country finchè ti viene fame e scendi al ristorante Cajun a mangiare chicken fajitas con guacamole, e quesadillas, mentre, sempre nel ristorante, suonano gruppi tex-mex come Los Teribles de Tijuana. Dopodichè si va al Foro Annonario, la grande piazza di Senigallia dove si svolge la maggior parte dei concerti e dove, sotto al palco, al posto del pogo, si scatenano decine e decine di gambette e gonnelle rotanti e svolazzanti delle ballerine e ballerini di rockeroll acrobatico e di chi si cimenta come può ed è un grosso spettacolo davvero. Poi la sera si balla con concerti e dj set al Mamamia (discoteca rock tipo il Velvet di Rimini) o all’inquitante e affascinante complesso coloniale Finis Africae oppure festa in spiaggia con gare di limbo, collane di fiori, vino bianco e pesce fritto mentre suona l’ukulele della band i Belli di Waikiki, hula rock from Honolulu.

Quest’anno ci sono stati due eventi internazionali. Il concerto del piu-che-mitico pianista Jerry Lee Lewis con la sua band the Killers, ridotto però fisicamente molto male, pochi brani anche se stare li sotto e sentire Great Balls of Fire, dalla sua stessa voce, ti fa sentire davvero un atomo della storia del R’n’R.

E poi, il secondo evento è stato lo spettacolo della regina del burlesque Dita Von Teese.

Vado ad intervistarla qualche ore prima del suo spettacolo. Unica data in Europa, l’intervista era un privilegio concesso a poche testate come La Repubblica, The Sun e, naturalmente, il vostro Mente Locale!

Ma perché tanto interesse per Dita Von Teese? Perché è la moglie di Marilyn Manson? Perché è una bella femmina che molto probabilmente allo spettacolo ci farà vedere le tette?

No, a me lei non interessava più di tanto se non per quel tipo di cultura che rappresenta e diffonde.

Per la cultura di cui Dita Von Teese è figlia (non ha inventato niente ma ripropone meglio dell’originale) e di cui è in un certo senso portavoce internazionale (quindi merita stima).

Betty Page e le protagoniste del film di Russ Meyer di cui parlavamo prima, rappresentano l'anti-icona della "donna per bene", della perfetta moglie del Mulino Bianco, sia perché esibiscono la propria sessualità in un modo tutt'altro che implicito sia perché impongono la loro presenza sul mondo maschile giocando su un lato oscuro della sessualità che è molto più gustoso, gioioso, eterogeneo e intrigante delle banali “blonde bombshell” pop alla Pamela Andreson. Le spogliarelliste fumano il sigaro, portano il revolver nella giarrettiera e divengono assassine, tipacce, spietate contro i viscidi che le mancano di rispetto e in questo modo accendono sia immaginari maschili e femminili eterosessuali (sia vanilla che bdsm) che femministi e lesbici (si pensi alle L7, le Babes in Toyland, le Bikini Kill e il loro brano Rebel Girl, la scena riot grrrl di un decennio fa, il fumetto Tank Girl ma anche le dark ladies della letteratura mondiale e la presentatrice del TG3 delle 19 Maria Cuffaro), diventando oggetto di studio come nel caso del volume di Maria Elena Buszek “Pin-Up Grrrls. Feminism, sexuality, popular culture” (2006). Le raffigurazioni estremamente sessualizzate del corpo femminile, tipiche della cultura popolare, venivano create, diffuse e gestite durante la seconda metà dell'Ottocento dalle stesse pin-up (il termine deriva proprio dalla possibilità di “attaccare alla parete” quelle foto) che erano spesso attrici di teatro e che rappresentavano la "zona grigia" esistente nella dicotomia tra donna per bene (vittorianamente intesa) e prostituta (spogliarellista, ballerina, entraîneuse degli spettacoli burlesque). Queste donne frantumavano tale banale polarizzazione attraverso l'esposizione autogestita del proprio corpo nello spazio pubblico e contravvenendo all'equazione tra "donna in pubblico", ossia corpo femminile che viola la separazione tra spazio domestico e arena pubblica, e "donna pubblica" tramite l’autogestione del proprio corpo. E sottolineo l’autogestione, rimarcando che per me l’unico antidoto al dramma della prostituzione moderna è spazzare via lo sfruttamento criminale dei papponi introducendo case controllate, nel senso di costanti controlli sanitari e di polizia e facendo pagare le tasse alle donne che liberamente scegliessero questo antico mestiere. Tornando al burlesque, le attrici del teatro americano e inglese, in tempi in cui non c’era la webcam, furono le prime ad osare riprodurre la propria immagine, firmarla e distribuirla al pubblico degli spettacoli come carte da gioco, trasformandola, da un lato, in oggetto di culto (sessuale), e divenendo, dall'altro, icone della liberazione della donna dai lacci della morale pubblica e del dominio patriarcale.

Quelle donne, le attrici erano autonome sessualmente (liberatesi dall'istituzione matrimoniale), indipendenti dal punto di vista economico, organizzatrici di salotti e happening, nonché colte viaggiatrici. Una fra tutte l'ebrea americana Adah Isaacs Menken body-art performer ante litteram che morì a 33 anni nel 1868 lasciando queste magnifiche parole “Mi sono persa nell’arte e nella vita. Alla mia giovane età ho gustato la vita più di quanto altri abbiano fatto in cent’anni, quindi è con il sorriso che ora me ne andrò dove tutti vanno”. Quelle stesse donne, sul finire del secolo e all'apice del movimento suffragista femminile americano, vennero identificate con la New Woman, la donna nuova, consapevole e allo stesso tempo sessualmente attarente, mettendo definitivamente in discussione l'assioma secondo cui "la casa è l'ambito della donna".

Questa è l'epoca in cui cresce il numero delle donne laureate come quello delle lavoratrici salariate e del collasso conseguente del dogma sociale che naturalizzava la donna in quanto moglie e madre.

Eppure questo dogma sociale è ancora, nel 2007, il centro dell’azione politica dei vari partiti democristiani in Italia dove tanti predicano con furia divina l’imposizione della famiglia tradizionale e poi li beccano travestiti da camerierine tradizionali sulle tradizionali ginocchia di tradizionalissimi trans.

Ma torniamo a frangette, labbra rosso fuoco, tacchi rossi, corsetti, gonne corte e leggere, unghie lunghe, occhiali da segretaria, delle neo-pinup a spasso per Senigallia, un’estetica femminile dove forme perfette non contano affatto rispetto ai dettagli, ad alcuni dettagli precisi che sprigionano significati più sensuali di una taglia in più o in meno. Di qui la diffusione di comunità online legate al softcore burlesque e fetish come quello delle famose Suicide Girls e le spaghetti pin-up italiane Sickgirl dove, pur nell’esplicita anima commerciale, emerge un’estetica femminile in perfetta antitesi con lo stereotipo della velina.

Pamela Anderson, veline, i modelli americani di bellezza che ti fanno sembrare inadeguata solo perché non sei uguale a loro, le donne classificate a numeri di taglia, io tutta sta roba la odio quindi pure se non c’entra niente con il Jamboree scusate ma ce lo dovevo mettere.

In ogni caso, di tutto questo mondo delle pin-up e del burlesque, Dita Von Teese è la regina e la rappresentante.

Non troppo alta, vita da fakiro, magrolina, sorridente, risposte forti e decise ma mai arroganti.

Alcuni flash.

- Domande di altri giornalisti: mi scusi posso fare una domanda su suo marito Marilyn Manson?

- No, gliel fai quando lo incontri.

- Dita ma i tuoi genitori che dicono di questo lavoro?

- A quindici anni ero gia fuori di casa a trovarmi di che vivere.

Le mie domande, che a me parevano serissime, hanno fatto ridere Dita Von Teese che poi ha iniziato a fare lei domande a me mentre la simpatica sindachessa di Senigallia, seduta accanto a lei, se la rideva della grossa. Però sta storia ve la racconto di persona, che è meglio.

In conclusione non posso che dirvi che il Summer Jamboree è un bella vacanza fuori dal mondo e che Senigallia ci da un bell’insegnamento. Come una città di 44000 abitanti (un terzo di Pescara) invece che investire nelle solite boiate delle tradizioni locali, ha deciso di caratterizzarsi a livello internazionale per un tema, un mondo, una passione (come il nostro piccolo gioiello di Castelbasso) ottenendo centomila presenze (centomila, più del doppio degli abitanti!) nella sola edizione del 2007. E non che Senigallia non abbia le sue tradizioni, solo che non pesano sul presente. Ad esempio, una loro leggenda folk-metal narra del possente condottiero dei Galli, Brenno, che giunge a Senigallia, spazza via i Romani e la dichiara capitale dei Galli in Italia. La leggenda dice che nel momento di chiedere il tributo ai romani sconfitti, Brenno pose la sua spada su una bilancia e chiese il corrispettivo di quel peso in oro. Nei giorni del Jamboree del 2007, non c’è stato spazio ne per l’oro ne per le spade: su un piatto della bilancia c’era il pianoforte di Jerry Lee Lewis e sull’altro le scarpette rosse numero 38 con tacco a spillo di Dita Von Teese.

Eppure la bilancia si è mantenuta in perfetto equilibrio.

Magie del Rock’n’Roll.




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